Vista dalla via Aurelia |
"Santa” è entrata nei sentimenti più cari di molti “foresti”, che vengono a “Santa” ormai da generazioni. Per loro è una seconda patria. Essi fanno ormai parte della comunità.
Ma, per noi di S. Margherita , “Santa” è il nostro cuore.
Il borgo, - così amo ancora chiamarlo -, è una piccola cittadina che, malgrado tutto, ha superato le insidie e “ le aggressioni del tempo e, soprattutto, dei tempi.
Quante volte, ogni giorno, con il bello o con il brutto tempo, la percorro in lungo e in largo.
Sempre lo stesso panorama: gli stessi luoghi, le stesse persone.
Eppure ogni volta vedo qualcosa di diverso, di più. E anche le solite, poche parole (altrimenti trite), scambiate con i pescatori, i pensionati, i marinai, gli sfaccendati, quelli che per i locali pubblici poteri sono solo numeri o voti, rivelano qualcosa di vivo: “sfogliano” e aprono il cuore del borgo, della cittadina. Schiavo fortunato della bellezza della mia città, ne godo appieno, erigendo, forse senza rendermene conto, un pietoso velo, per dimenticare i segni dell’ incuria della mano pubblica o, peggio, dell’ incapacità di salvare, valorizzare ogni angolo, ogni scorcio. Cancello, idealmente, i segni della quotidiana aggressione a quanto dovrebbe esser preservato, “quasi reliquia”, e valorizzato, ovvero i tristi esiti di sconclusionati interventi urbani (o, forse meglio, inurbani), che vorrebbero modificare la sopravvissuta armonia, con contrastanti esiti più mercantili, tristi manifestazioni di malcelate intenzioni esclusivamente speculative.
Cerco di cancellare tutti quegli interventi che, tendono a mascherare, - con l’ alibi del c.d. “rilancio turistico” (espressione divenuta di moda), e della miracolosa creazione di posti di lavoro, senza logici e credibili limiti -, la idea di poter spremere “Santa”, quasi una gallina dalle uova d’ oro e, per questo, proporrebbero anche di scavarvi qualche pozzo petrolifero. Cerco, dunque, di non vedere, ma tristemente vedo.
E, così, sono diventato sufficientemente abile nel rifuggire dall’ incontrare, con destrezza, i politici e gli amministratori alla ricerca di voti e di notorietà (taluno , in un raptus di autoesaltazione, persino la fama), che vorrebbero - (soccorsi da intenti speculativi tanto possenti, quanto aberranti) -, cambiare il volto della città, con interventi simili a quelli che anche pur giovani fanciulle oggi effettuano, con il risultato di spesso deformare corpo, viso e anima, diventando maschere di se stesse. Se “Santa” è il nostro cuore, il porto è il cuore di S. Margherita: vivo e palpitante.
E, così, sono diventato sufficientemente abile nel rifuggire dall’ incontrare, con destrezza, i politici e gli amministratori alla ricerca di voti e di notorietà (taluno , in un raptus di autoesaltazione, persino la fama), che vorrebbero - (soccorsi da intenti speculativi tanto possenti, quanto aberranti) -, cambiare il volto della città, con interventi simili a quelli che anche pur giovani fanciulle oggi effettuano, con il risultato di spesso deformare corpo, viso e anima, diventando maschere di se stesse. Se “Santa” è il nostro cuore, il porto è il cuore di S. Margherita: vivo e palpitante.
Basta recarsi sulla banchina di S. Erasmo all’ arrivo di pescherecci o cogliere i turisti inglesi o giapponesi spesso intenti a dipingere il porto (quanti nei porti di Rapallo, Chiavari, Lavagna?), per rendersene conto.
Certamente vanno rese “civili” strutture portuali abborracciate, vetuste, decadenti, cui nessuno ha pensato di metter mano. Va rifatta la vecchia diga di sopraflutto, oggi più simile a informi ruderi, che hanno l’ aria della precarietà, perpetrata e ingigantita dal decadimento del tempo. Va rifatta armonizzandola a tutto il contesto del borgo, dotandola, al suo interno, di indispensabili servizi (docce, gabinetti,box per li operatori portuali, ecc.), e, al suo esterno, di un coerente sistema di illuminazione.
Andrebbe rifatta, trasformandola in linea con il contesto ligure, la brutta “Casa del Mare”.
Questo mi aspetterei da pubblici poteri attenti, oculati, disinteressati!
Non vorrei stravolgimenti paesaggistici e funzionali epocali, esiziali, tali da doversi, poi, porre le angosciose domande: è questa, ancora, S. Margherita? La nostra S. Margherita dov’ è?
Non vorrei assistere alla morte di S. Margherita.
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